autrice Tünde Iozzi
Dopo tanto lavoro, l’attesa.
Sollievo ed emozione si fondono insieme e rendono questo giorno ” alternativo” nell’impronta di antiche usanze ancestrali.
Oggi è Pasquetta.
Giorni prima, abbiamo reso penitenza con umiltà credente, lustrando ogni angolo della casa.
La mamma ha tirato fuori le posate d’argento, il servito di finissima porcellana bianca e la tovaglia damascata, trofei conquistati con dura fatica e tante rinunce, ma che riempiono d’orgoglio ogni brava casalinga che si rispetti.
In cucina, la mamma, io e la nonna abbiamo impastato, tostato, speziato ogni cosa che ci è passata sotto le mani.
Le pareti della casa erano pregne del profumo di cannella e di chiodi di garofano.
L’agnello ripieno dominava il forno, come un mecenate grasso i suoi beni, mentre il caramello rovina-padelle bolliva con sospiri lenti e profondi.
Ode e alleluia al colesterolo! almeno in questi giorni!
Meno male che il buon umore non è mai mancato in questa casa, ed anche questa volta ci ha fatto da antidoto biologico contro la fatica accumulata.
Ma non è finita qui. In ogni casa ungherese non potranno mancare le uova rosso porpora.
Quest’ultimo passo di arte culinaria di solito tocca a noi, le figlie giovani, artefici di creatività, fantasia e tanta pazienza.
Mi aspettano cento uova da addobbare. Ogni famiglia esibirà le proprie creazioni per poi donarle all’ospite che varcherà la soglia di casa entro la mezzanotte.
Amo questo momento di creatività, è privato, lento e terapeutico.
Mentre ogni uovo color porpora viene inciso con la punta della penna imbevuta nell’acido creando sul guscio veli di pizzi raffinati francesi o decorato, gocciolando lacrime calde di cera colorata sul dorso setoso dell’uovo in forme geometriche e floreali, o semplicemente immerso nel liquido bollente color sangue avvolto in una rete che tiene in ostaggio foglie di edera incollate al guscio che imprimeranno ombre bianche innocenti sulla severità rossa del dorso d’uovo,
Io ho tempo di pensare, riflettere e percorrere con la mente momenti dolci ed amari in tutta calma, con l’ottica della comprensione e della tolleranza. Creare cento uova necessita e concede un bel po’ di tempo!
Quando le piccole opere d’arte sono finite le adagio in un cesto al centro della tavola, come veri e propri oggetti d’artigianato, creando una cupola piramidale a perfetto incastro.
A breve gli sforzi artistici e culinari di tutte noi verranno “battezzati” con l’arrivo degli uomini che hanno già invaso le strade della città, come uno sciame alla ricerca di una nuova dimora, tutti colmi di buon umore, con il vestito della domenica, sbarbati ed incravattati.
Alcuni di loro portano in mano piccoli mazzi di viole o di bucaneve e se si fa attenzione si sentono i suoni dei campanelli od il bussare di nocche temperate che chiedono umilmente il permesso di entrare nel regno delle donne lasciate a casa, da sole, per accogliere i ” pellegrini”.
Colui che riesce a farsi gradire sulla soglia di casa con bravura oratoria in rime di poesia impegnative o con detti corti ma allegri verrà accolto, rendendo a sua volta grazie, con il suo buon augurio di prosperità, fertilità e rinascita, bagnando le teste delle donne con il profumo, simbolo dell’acqua purificatrice. Non è più come prima, quando i maschi trascinavano le femmine vestite a festa accanto ai pozzi benedicendole a secchiate d’acqua, tra risate e grida di brividi freddi.
Nel passato rischiavi una brutta influenza dopo i festeggiamenti, adesso odori solamente come la casa della fattucchiera dopo la creazione della pozione magica scaccia spiriti a base di bollito misto di acqua di colonia….
Immersi in questo contesto odoroso, tollerato con nonchalance dall’ospite come dall’ospitato, emerge la vera essenza della giornata : l’incontro e la condivisione. Questo giorno suggella amicizie, rinfresca quelle appassite ed offre una seconda possibilità ai rapporti sofferenti o feriti.
Le porte e le anime sono aperte per tutti, la tavola è imbandita con ogni bontà, la grappa di susine forte e virile sgorga senza avarizia, mentre alle signore viene servito lo cherry di amarene dal gusto dolce ma ingannevole.
Siamo in tanti intorno alla tavola rotonda del salotto, i volti si rallegrano e si colorano, vecchie rimembranze ci fanno sorridere, non possono mancare le barzellette un po’ piccanti e quelle politiche sulla dittatura ferrea e spietata, il tutto coronato con canti melanconici talvolta stonati ma da tutti perdonati.
Il tempo passa ma nessuno lo prende sul serio.
Arriva il momento del dono: ogni uomo sceglie l’uovo pasquale che più gli aggrada, qualcuno lo porta a casa per mangiarlo l’indomani in famiglia, qualcuno lo conserva per la sua lavorazione particolare per gli anni avvenire.
Che posso raccontarvi più di questo, vi posso solo dire: siate tutti più sociali che social e ne raccoglierete i frutti… o forse le uova.
Questo simpatico spaccato di vita è nato dall'aver odorato dei chiodi di garofano: come si vede, è incredibile cosa può tornarci alla mente se lasciamo aperte le porte dei nostri sensi. Con una manciata di spezie Tünde ci ha regalato un momento importante nella sua vita, trasportandoci con i colori delle sue uova nel suo paese lontano, e non perdendo l'occasione per un saggio consiglio..
mi piace questo spaccato della vita ungherese(non sapevo che tunde era magiara )scrive bene,forse suo bisnonno, ha scritto “i ragazzi della Via Pal”?
il ricordo della Pasqua di Tunde, me lo ricordo benissimo, era il primo anno del corso scrittura…eh si, per me che non prendo l’aereo…ho conosciuto il mondo, leggendo….
A leggerlo adesso questo bel momento di condivisione scalda il cuore e rafforza la speranza. Che la prossima Pasqua sia così odorosa di chiodi di garofano e di tanti abbracci! Grazie Tunde!
Grazie mille a tutti voi, siete troppo gentili.
Tünde
Un racconto che abbraccia con calore. Grazie
Concetta