Era sicuro di essere di fronte a lei, perché dalla grotta nella roccia usciva una luce brillante, così bianca da sembrare latte e insieme così lucente che non si poteva fissarla senza essere costretti a socchiudere gli occhi, però la fata non si vedeva proprio.
Silvestro mosse qualche passo incerto in quel bagliore lattiginoso, dove non riusciva nemmeno a scorgere se stesso, chiamando “Selene?” ed al suono della sua voce una specie di forza magnetica lo attirò proprio come una calamita verso il fondo della grotta. La forza cessò giusto in tempo per non farlo sbattere in una creatura alata, appena più piccola di lui, saldamente incatenata alla parete da nere cinghie che la avvolgevano ai piedi, al collo, ai polsi e pure intorno alle ali, che si stagliavano aperte sui sassi dietro di lei, dando l’impressione che fosse stata gelata nell’atto di volare.
Sul suo viso di fanciulla antica si leggeva un’impotenza irata, a cui però faceva da contrasto il sorriso che si era aperto a illuminarle gli occhi, quegli occhi color indaco, no, viola, no iridescenti…
“Silvestro!” il tono perentorio della fata riscosse il giovane dai meandri dello sguardo di lei e, naturalmente arrossendo fino alla radice della sua chioma riccia, lo fece ritornare in sé con un incongruo “Sì, Selene?”
“Vuoi liberarmi o no?? “ Il tono cominciava ad essere impaziente – Proprio da fata madrina – pensò Silvestro mentre si arrabattava a capire come si aprissero quelle maledette cinghie. “Lascia stare, sono incantate, non le puoi aprire senza una magia apposta. – lo fermò Selene sempre più irritata – E’ una magia verbale, e io a scuola ero piuttosto debole in enigmi, e le maledette arpìe lo sapevano benissimo! Sto cercando di risolverli da quando sono qui, e m’è venuto pure un gran mal di testa.”
“Enigmi? – chiese il mago – che genere di enigmi?” “Questo genere!” – esclamò la fata indicandogli la parete alla sua destra, dove spiccavano lettere e numeri luminescenti. “Sono tre indovinelli, e io non ne ho risolto nemmeno uno.. Non guardarmi così! – proruppe spazientita – Ogni fata ha la sua specialità e la mia sono le trasformazioni. A enigmatica mi passavano sempre perché il professore aveva un debole per me.” aggiunse con un sorrisetto compiaciuto. Silvestro non avrebbe mai immaginato che anche le fate dovessero andare ad una scuola prima di diventare fate, e peraltro non aveva nessun dubbio che il professore di enigmatica avesse un debole per Selene. Era così diafana, e insieme avvolgente, calda e insieme algida, e faceva pensare a sogni infiniti in un mare di stelle, e però anche a carezze dolci e sensuali…
“Silvestro!!” la fata lo risvegliò di nuovo “Tu hai un problema con le donne, eh? Beh, smettila di guardarmi e cerca di risolvere questi stupidi enigmi. Se mi tiri fuori di qui prometto che te lo risolvo io il tuo problema”.
Il giovane sorrise, pur nell’imbarazzo che la sua debolezza fosse stata scoperta anche da lei, e si pose risolutamente di fronte alla parete. Lesse le tre righe che componevano i quesiti e incredulo si volse verso la fata.
“C’è qualche trucco sotto, vero?” “Che vuoi dire?” “Ma dai, questi sono indovinelli da bambini… non è possibile che tu…” ma al vedere la reazione di Selene, il cui viso pallido era diventato quasi blu in un’espressione così gelida da fargli sentire freddo tutto addosso, cercò di correggersi balbettando “no, no, vo…volevo di…dire ch…che certo sono problemi co… complicati per una fa…fata, ma forse io, siccome sono umano, anche se può sembrare assurdo, in questa particolare situazione…” “La pianti? – sibilò Selene – se sai risolverli, risolvili e andiamocene di qui prima che arrivino quelle carogne e ci incatenino tutti e due con qualcosa di meno umano.” aggiunse in un tono tra l’ironico e lo sdegnoso.
“Ah sì, certo, hai ragione” – concordò immediatamente lui con un calore esagerato e voltandole le spalle lesse:
“Quale creatura cammina su quattro gambe quando è giovane, su due quando è adulta e su tre quando è vecchia?” E stava per rispondere quando la fata lo bloccò allarmata: “Fermo! Le risposte le devo dare io, se no l’incantesimo non si scioglie. Io devo leggere gli enigmi uno per volta e rispondere . Se la risposta è giusta, i caratteri si staccano dalla parete e si frantumano a terra” “Fico! – pensò Silvestro – sembra quasi un videogioco” e a voce alta disse invece: “ La risposta posso dirtela in un orecchio?” . La fata annuì e con un grazioso movimento del collo fece scivolare via la sua chioma argentea da un piccolo, delizioso, orecchio a forma di conchiglia, che invece era meravigliosamente roseo…
“Allora? Questa risposta?” il tono di Selene era brusco ma nascondeva una sottile vena di tenera presa in giro alla vista dello sguardo ammaliato di Silvestro mentre timoroso le si avvicinava e le bisbigliava, cercando di non sfiorare la sua pelle nemmeno per sbaglio:
“E’ l’uomo. Da piccolo va a quattro zampe, da adulto cammina sui suoi due piedi, e da vecchio usa un bastone”.
Selene aggrottò la fronte pensando “Già. Avrei dovuto arrivarci da sola. Gli uomini li conosco, dopotutto, li vedo ogni notte…“ e dicendo invece a voce alta, alzando le sopracciglia e storcendo un po’ la bocca: “Speriamo che sia giusta”. Ripeté l’indovinello e subito dopo la risposta, e le lettere luminose che componevano l’enigma si staccarono dalla parete una alla volta, crollando sul pavimento della grotta e rimbalzando qua e là in una polvere di colori. “Proprio come un video gioco – si confermò silenziosamente il mago stupito – anzi, come quando risolvi i solitari sul computer… queste fate sono rimaste un po’ indietro però con gli effetti speciali.”
Serene proruppe in un gridolino di trionfo, che inorgoglì molto Silvestro, il quale arditamente disse: “E ora il secondo!”