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La sorpresa di Tea

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LA SORPRESA DI TEA

di Cristiana Caratelli

Anna aveva appena finito di stirare. Si tolse, stanca, le cuffie facendo tacere la musica che le aveva fatto da colonna sonora tutto il pomeriggio di quella domenica d’ottobre, passata velocemente, senza lasciare niente da raccontare.

Si sedette finalmente sul divano con un toast caldo in una mano e nell’altra l’ultimo acquisto, un libro di cui aveva distrattamente sentito il titolo, mentre due tipi ne parlavano scendendo dal tram un paio di fermate prima della sua. Un lungo rilassante sospiro. Imbacuccata nel vecchio pile, ormai logoro dai troppi lavaggi, finalmente soddisfatta della stabilità tra il piattino con il toast, il libro, la sua schiena dolorante e quella morbida del divano, all’improvviso sentì uno squillo stridulo.

Ci mancava il telefono di casa a rompere…l’equilibrio!! Solo pochi secondi per decidere se far finta di non esserci, o alzarsi velocemente per scoprire chi aveva avuto il guizzo di interrompere quella sua noiosa serata domenicale, prima che si stufasse e chiudesse la chiamata.

Riconobbe il numero dalle prime cifre. Era Tea, la sua migliore amica. Quanto tempo dall’ultima volta che si erano viste? Al pensiero di Tea le si spalancò in viso un sorriso luminoso. Che sorpresa! Anna era felice di sentirla e avrebbe cambiato volentieri il suo programma, se ci fosse stato un invito a uscire nelle intenzioni dell’amica. 

Ehiii …ciao, Tea! Che bello sent…”.

Bastò quel soffio di voce dall’altra parte del filo a spegnere subito il sorriso. Era successo qualcosa. Ma cosa??? Tea ansimava come al termine di una corsa affannata e usò l’ultimo respiro che le restava per dirle tutto d’un fiato: “Anna, vado di fretta… Ascoltami soltanto, per favore! Fra qualche giorno riceverai qualcosa di poco piacevole. Sappi che è per aiutarmi. Poi ti spiegherò meglio, appena ci vedremo… spero presto.”

Tea, aspetta! Che ti è successo? Stai bene?”

Anna …grazie per il tuo aiuto.”

Era Anna adesso ad essere senza fiato, rimasta a bocca aperta con decine di domande in gola. Perché Tea non le aveva dato la possibilità di replicare? Perché non le aveva spiegato meglio? Anna era rimasta con il telefono ancora appoggiato all’orecchio, come se stesse aspettando che Tea tornasse a parlare e invece l’altra aveva buttato giù. E subito pure, senza aggiungere altro. Ma perché? Perché? Dopo così tanto che non si erano sentite…cosa poteva esserle successo? E soprattutto cosa sarebbe capitato a lei di lì a poco?

Il respiro di Anna divenne più corto e veloce, le stava montando un’ansia che copriva la curiosità. Riascoltava dentro di sé le parole appena soffiate di Tea che chiaramente non era per niente tranquilla. Tutt’altro, sembrava preoccupata, anzi impaurita. “…riceverai qualcosa di poco piacevole” … ma cosa, accidenti!!?? Se aveva bisogno di un aiuto, Tea sapeva che poteva contare su di lei. Anche se distanti, erano sempre rimaste vicine. Non c’era mica bisogno di tutto quel mistero! Avrebbe potuto almeno dirle quando sarebbe arrivata quella “cosa” e invece niente, l’aveva proprio abbandonata all’ansia.

Nei giorni seguenti Anna guardava spesso il cellulare: forse Tea le avrebbe mandato un messaggio per spiegarle meglio. Provò a chiamare l’amica. Non era raggiungibile e la vocina metallica della signora che glielo ricordava iniziò a darle ai nervi. Ma guarda te come doveva finire quella domenica… i programmi erano ben altri!

Nei primi giorni della settimana successiva non successe nulla di particolare. Le giornate passavano apparentemente tranquille, lavoro-casa e poi di nuovo lavoro. Forse era stato solo uno stupido scherzo dell’amica, ma questo pensiero non la tranquillizzava e infatti non mancava mai di controllare la cassetta della posta prima di salire al suo appartamento. Niente. Non le era neanche arrivato il solito volantino pubblicitario del supermercato di zona, che trovava immancabilmente un paio di volte a settimana. Forse Tea intendeva un altro mezzo? La posta elettronica? Niente anche lì, solo le solite e-mail da gettare subito nel cestino.

Il venerdì Anna aveva l’abitudine di allungare un po’ il tempo della colazione, visto che entrava più tardi per coprire il turno serale. Mentre stava assaporando tranquilla il suo caffè, qualcuno suonò alla porta. Non era il campanello esterno, quello fuori dal portone in strada, no, c’era qualcuno proprio davanti alla porta d’ingresso del suo appartamento. Il suono era diverso, non c’erano dubbi. O era uno dei condomini, o qualcuno aveva trovato il portone aperto e si era intrufolato fino al terzo piano!

D’istinto si avvicinò alla porta in punta di piedi per non far capire che era ancora in casa e intanto prendere tempo per decidere se aprire o meno.

Dopo qualche attimo di esitazione, aprì velocemente, sperando di far paura a chi era lì ad aspettare e nascondere così la sua, di paure. Si trovò davanti un giovane vestito con una camicia azzurra, divisa in due da una robusta fascia di cuoio, che reggeva il peso di una borsa della stessa pelle, piena zeppa di lettere di tutte le forme e colori.

Ho una consegna urgente per Anna Tolomei.”

Sì! Sono io. Di che si tratta?”

Deve firmare la ricevuta, signora.”

Ah…sì certo. Di che si tratta? Una raccomandata?”

Mi dispiace signora. Non è una comunicazione piacevole.”

Il ragazzo disse queste parole, mentre già scendeva le scale e la salutava con un cenno della mano.

Anna, con la lettera in mano, si affacciò e guardò giù nel vuoto delle scale. Lo scalpiccio dei passi che scendevano frettolosi rimbombava e più il giovane scendeva più il rumore aumentava. Erano delle vecchie scale di travertino che giravano larghe su stesse, quelle tipiche dei palazzi antichi di città. Anna sentì montarle la nausea, vedeva tutti i gradini che giravano concentrici, sentiva i tacchi che battevano uno dopo l’altro e ogni tanto vedeva spuntare il cuoio del pesante borsone. 

Solo per una frazione di secondo il ragazzo rallentò la discesa, si affacciò al di fuori del corrimano e gettò uno sguardo impietosito in alto, sicuro di trovarla ancora lì. Poi scomparve lasciandosi dietro il tacchettìo dei suoi passi frettolosi nella tromba delle scale.

Anna sentiva delle gocce di sudore scenderle lungo il collo e quella nausea tremenda che le bloccava il respiro. La testa prese a girarle, mentre gli occhi non si staccavano dall’andamento concentrico della scala. “Aspetti la prego! Mi dica cosa mi ha consegnato per favore! Non è che c’è uno scambio di persona?” Il colpo del portone del palazzo riportò il silenzio.

Anche il postino, come la sua amica Tea, non le aveva dato modo di replicare, di chiedere, di capire.

La lettera proveniva dal tribunale. Era un invito a presentarsi, accompagnata da un avvocato, al processo al quale era stata citata in giudizio per atti persecutori e maltrattamenti dalla signora Tea Pericoli.

Come poteva essere? Atti persecutori e maltrattamenti a chi? A Tea? Ma era impazzita? Ma come aveva potuto farle una cosa simile? Che cavolo di aiuto doveva essere quello?

Le righe della lettera si confondevano, si intrecciavano fra loro, finché iniziarono a ruotare concentriche, come le scale del palazzo. Anna sudava sempre più, una morsa le stringeva la gola, voleva piangere ma le lacrime restavano strozzate in gola, non respirava più… 

Beep beep beep beep!

Un sussulto nel letto. La sveglia!

Un sospiro di sollievo. Erano le sette, doveva sbrigarsi, sennò avrebbe fatto tardi in ufficio quella mattina.

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