IL RACCONTO
di Elena Verginis
Chi scrive un racconto è uno scrittore? Come inizierà il mio racconto? Ci sarà qualcuno che lo leggerà?
Su queste questioni si interrogava Bruna, mentre la penombra iniziava ad oscurare il suo ufficio.
Con le mani immobili sulla tastiera nera del suo pc, scuoteva leggermente la testa, strizzando gli occhi e sbuffando, un po’ contrariata per tutta l’angoscia che ogni volta l’assaliva quando si sedeva alla scrivania. Con l’intento di concludere quell’opera, diceva a se stessa: “Ma va! Tanto non lo leggerà mai nessuno…quando mai mi sono illusa di saper scrivere cose che potessero essere lette da altri? Cose interessanti, cose curiose, cose degne di osservazione.”
Era vero, povera Bruna, come poterle dar torto! La sua vita semplice, fatta di solo lavoro, casa e figlio non costituiva il palcoscenico per nessun tipo di entusiasmo e non lasciava spazio per esperienze degne di racconti, neppure immaginari.
Forse anche perché annoiata da questo incedere sempre uguale, che ormai da tempo traspariva dal suo vestirsi sempre allo stesso mesto modo, dal mangiare sempre le stesse cose, dal frequentare sempre le stesse persone, Bruna aveva deciso di iscriversi ad un corso di scrittura on-line. Si era assolutamente imposta di scegliere la modalità on-line perché in quel periodo della sua vita le procurava fatica persino mettere i piedi fuori dal letto al mattino, figuriamoci dover uscire di casa, in inverno, con la tramontana che era una minaccia costante per la sua otite cronica!
Comunque Bruna aveva iniziato il corso, non senza qualche difficoltà, dovuta soprattutto alla sua poca esperienza con la tecnologia. Ogni volta che doveva prenotarsi per accedere alla riunione condivisa con gli altri allievi del corso si sentiva euforica, ma quando si entrava nel vivo della materia le cose si complicavano.
Tutto quello di cui trattava l’insegnante assumeva ai suoi occhi un’importanza maestosa che andava oltre l’argomento, la tecnica, le letture, gli esercizi. Bruna aveva scoperto di trovarsi all’interno di una scuola di vita, capace giorno dopo giorno di insegnarle ad apprezzare maggiormente la sua quotidianità, di svegliare dal torpore tutti i suoi modi di esistere ed esprimersi. Ogni cosa aveva cominciato ad apparirle diversa, sicuramente più interessante e, ogni volta che l’incontro online con i compagni di corso terminava, lei si allontanava dal pc con il desiderio che il tempo che la separava dal prossimo incontro passasse il più velocemente possibile.
Erano trascorsi circa tre mesi da quando tutto era iniziato e Bruna era consapevole che il corso si sarebbe presto concluso. Aveva assistito alla propria maturazione come ascoltatrice assidua di ogni cosa che era stata detta, aveva una sana consapevolezza del percorso fatto, era pienamente soddisfatta della sua esperienza, però si trattava di concretizzare e su questo ahimè! si struggeva, perché, se da un lato le aveva fatto immensamente piacere partecipare alla scuola di scrittura online, dall’altro era certa che nessun racconto sarebbe stato partorito dalla sua penna!
Scrivere aveva sempre rappresentato per lei una esperienza privata e le pareva assurdo poter narrare qualcosa che non avesse a che fare con la sua storia personale, il suo lavoro, i suoi ricordi, suo figlio. A tal proposito poi, la costante presenza di lui in casa, ogni qualvolta tentava di sedersi alla scrivania per buttar giù anche poche righe, non la facilitava per niente.
Sarà forse stato perché con il tempo avevano in pratica finito per condividere tutto, ma il fatto che Filippo le avesse apertamente comunicato di essere orgoglioso di avere una mamma che all’età di 52 anni si cimentava ancora dietro i banchi di una scuola di scrittura seppur on-line, aveva complicato le cose, anche perché lui si era proposto già come primo lettore e a lei questa cosa proprio non andava giù.
“Mamma, vuoi vedere che zitta zitta mi diventi famosa!” le diceva avvicinandosi alla sua postazione, mentre si abbassava verso di lei e con il gomito urtava dispettosamente il suo per farle perdere l’orientamento sulla tastiera.
“Falla finita che mi fai sbagliare!! Già faccio una fatica bestiale a scrivere al computer anziché a mano, ma questo almeno glielo devo a quel povero insegnante di Piero! Mica può perdersi dietro ai miei sgorbi!”
E così accadeva ogni volta che tentava di mettersi a scrivere qualcosa. Che poi, a dire il vero, qualcosa era uscito dalla sua penna: tanti piccoli brani che narravano ognuno un momento di quella splendida avventura che era stata la sua esperienza in quella scuola così particolare. In ognuno di quei piccoli brani avevano trovato spazio anche i suoi commenti sugli scritti degli altri partecipanti.
Che spettacolo, che meraviglia, pensava Bruna ogni volta che finiva di leggere uno dei loro racconti. La cosa che più la meravigliava era accorgersi che mentre leggeva il suo viso assumeva l’espressione del sentimento che lo scrittore voleva suscitare nel suo lettore. Così alla fine di ogni lettura si ritrovava a sorridere da sola, o a contrariarsi, a stupirsi, a sorprendersi, perfino a piangere o ad arrabbiarsi.
Del resto erano tutti racconti straordinari, unici, irripetibili e ricchi dell’impegno di ognuno, perché tutto si poteva dire dei loro autori tranne che fossero persone che avessero preso alla leggera l’esperienza con la scuola. Come avrebbe potuto essere da meno Bruna che nelle cose ci si buttava dentro fino ad esserne sommersa? In realtà anche lei avrebbe voluto scrivere un racconto di senso compiuto da condividere con gli altri come avevano fatto tutti; un racconto capace di incuriosire, di emozionare, di trasformare tutte le facce dei suoi lettori. Che bello sarebbe stato poter far nascere un sorriso, suscitare uno sdegno, far maturare un’idea, commuovere ed emozionare.
Adesso Bruna faceva scorrere le dita leste su quei tasti e si sentiva piena di cose da riferire, di messaggi da portare. In un modo tutto suo, si era resa conto di avere la chiave di scrittura per narrare la storia del tempo in cui anche lei aveva, forse più da spettatrice, provato a scrivere un racconto, senza avere uno schema ben preciso, contravvenendo a tutte le regole tecniche che aveva appreso.
Il racconto a cui lavorava la divertiva e si capiva dall’espressione soddisfatta che assumeva il suo viso: occhi sorridenti, sorriso stretto ma compiaciuto, occhiali ben inforcati perché la luce dello schermo era ormai diventata implacabile per una come lei, abituata alla lettura notturna ad una debole luce.
Il racconto forse non sarebbe piaciuto a nessuno, forse neppure all’orgoglioso Filippo, ma a Bruna non importava proprio. Anzi, a dirla tutta, lei già immaginava le critiche del suo primo lettore e, tra queste, quella prima di tutte “Mamma, ma non si capisce!”.
A Bruna non importava niente perché lei, nel suo cuore, era una scrittrice.
Bello!!! È un metà-racconto? Mi è piaciuto molto
Brava Elena! un bellissimo escamotage per scrivere delle tue emozioni, le tue paure, le tue passioni. Hai un adorabile modo di raccontare di te che ammiro molto. Complimenti!