COMPLEANNI INDIMENTICABILI di Giuliana Geremia
Bianca
Di colpo il mio cuore si è fermato. Il sangue ha smesso di scorrermi nelle vene e sento il corpo diventare di pietra di fronte a quella scena.
Lui. Lei.
Tutto intorno a me si mette a ruotare sempre più velocemente. Ho voglia di vomitare.
Vorrei muovermi ma ho le gambe rigide, sembrano non rispondere alla mia volontà. Cerco in ogni angolo della mia persona qualche residuo di energia, raccolgo tutte le forze rimaste e con uno sforzo titanico provo ad alzarmi dalla sedia. Subito la nausea mi attanaglia; la sala, i tavoli, i camerieri mi ruotano intorno vorticosamente e prendono il sopravvento: mi sento cadere pesantemente sul pavimento, come in una liberazione dallo sforzo.
Quando riapro gli occhi, stesa sul marmo gelido, mi sento leggera: ascolto il mio respiro regolare e profondo e mentre tutti intorno a me, preoccupati, si scambiano parole che mi giungono come suoni ovattati e occhiate incerte, la mente confusa cerca invano di rimettere insieme i pezzi di una vita che quell’immagine ha fatto esplodere in un puzzle.
Ruotando gli occhi lo vedo, incontro il suo sguardo immobile.
I
Era una fredda mattina di febbraio e Bianca stava guidando sulla tangenziale in direzione della zona industriale, dove lavorava ormai da anni. Mille volte si era pentita di non avere intrapreso una carriera diversa e di essersi invece adattata a fare il lavoro che ci aspettava da lei, la ragioniera.
Quella mattina però i suoi pensieri sembravano sospesi, avevano lasciato tutto lo spazio nel suo animo alla piacevole sensazione del tepore del sole mattutino che s’infrangeva sul parabrezza.
Era uscita senza svegliare Fabio che quella notte era rimasto da lei dopo una splendida serata passata a cena in un localino del quartiere dove spesso si faceva piano bar.
Quella mattina Bianca si sentiva bene, si sentiva fortunata, si sentiva bella e si sentiva felice. L’incontro con Fabio, più di un anno prima ormai, era arrivato come una benedizione. Lui era entrato nella sua vita portando con sé ogni cosa che lei avrebbe potuto desiderare e se ne era innamorata profondamente.
Mentre guidava pensava a questo, a quanto fosse stata fortunata ad incontrare un uomo tanto perfetto da non sembrare vero. Si compiaceva in queste considerazioni quando la sua attenzione venne catturata dal datario dell’auto: i cristalli liquidi indicavano il 10 febbraio.
“Il 10 febbraio?” si chiese Bianca. Cosa significava per lei quella data. Dovette scavare nei meandri più reconditi della sua memoria per diversi minuti prima di ricordare: si trattava del compleanno di Sandra, precisamente era il suo cinquantesimo compleanno.
“Sandra! Bellissima, cara Sandra. Chissà cosa farà in questo momento?”
Bianca rimase stupita dalle potenzialità della mente: in un attimo aveva riconosciuto quella data. Solo alla scuola elementare e poi alle medie aveva festeggiato il compleanno di Sandra, poi le loro vite si erano divise. Nei successivi trentacinque anni e più, tre o forse quattro incontri per caso per strada avevano ogni volta fatto riemergere la reciproca tenerezza affettuosa di loro bambine.
Le loro strade però si erano separate presto: ambienti, amicizie, lavori diversi. Aveva saputo dai genitori di lei che aveva avuto una figlia ed era felicemente sposata con un architetto fiorentino dal nome arcaico, Ascanio.
Eppure quella mattina, dal profondo del suo cuore, qualcosa aveva fatto scoccare il ricordo di quella data; Bianca ne fu colpita e appena entrata a lavoro decise di chiamare Sandra al numero di cellulare che le aveva dato anni prima in una di quelle rare occasioni in cui si erano riproposte di vedersi.
“Pronto?”
“Sandra? Ciao, sono Bianca, ti ricordi?”
Dopo un attimo di silenzio: “Ciaoooo!Come stai?”
“Bene e tu?”
“Sì, dai, contentiamoci. Non mi aspettavo una tua telefonata, dimmi tutto.”
“Ti ho chiamata per un solo motivo, farti i miei migliori auguri per i tuoi cinquant’anni! Con tutto il cuore, auguri!”
“Nooooo, ti sei ricordata? Ma com’è possibile????? Non ci credo, che sorpresa! Che magnifica sorpresa! Mi commuovi! Grazie!”
“E’ strano, vero? Ma questa mattina, mentre stavo guidando, improvvisamente mi è venuto in mente che era il tuo compleanno. La mente è proprio strana. Qualcosa è rimasto del nostro affetto infantile.”
“Se ci stiamo parlando nonostante la distanza di anni, qualcosa è rimasto davvero! Perché non ci vediamo?”
“Sarebbe bello.”
“Domani ti va?”
“Sì, va bene, sono contenta di vederti.”
II
Bianca entrò nel bar dove aveva appuntamento con Sandra e si guardò subito intorno cercando di individuare l’amica.
Fu facile, il locale non era molto frequentato a quell’ora del pomeriggio.
Quando la vide si sentì pervadere da un’ondata di gioia. E quel sentimento che riemergeva con forza dai meandri più profondi del suo subconscio doveva essere reciproco: bastava guardare il viso di Sandra per capirlo. Quando alzando lo sguardo vide Bianca che entrava, i suoi occhi brillarono di nuova luce e un sorriso spontaneo esplose indomito ad illuminarle il volto. Sebbene fosse passato tanto tempo, riconobbe come familiare quel passo ondeggiante che aveva fatto di lei l’oggetto del desiderio di tutti i maschi dell’istituto ai tempi della scuola media.
Appena i loro occhi si incrociarono, le loro mani si strinsero, le loro guance si toccarono, quel legame profondo e lontano fu immediatamente ristabilito nel presente.
Il pomeriggio trascorse velocemente. Le due donne si parlarono come se gli anni passati non le avessero cambiate, come se fossero ancora le amiche di un tempo.
Sandra parlò della sua vita, del suo lavoro, ma soprattutto di suo marito Ascanio, uomo noto nel suo settore e molto apprezzato, con il quale era riuscita a costruire un matrimonio solido e stabile, nonostante gli innumerevoli impegni di lui che spesso si frapponevano tra loro.
Bianca percepiva chiaramente il grande amore che l’amica provava per il marito e ne fu felice, ma con una punta di benevola invidia per un rapporto tanto duraturo e consolidato sulle fondamenta del vissuto quotidiano di anni. E mentre rifletteva che un rapporto di quel tipo doveva essere estremamente rassicurante e appagante per una persona, si ritrovò a parlare di Fabio e della loro travolgente storia che durava da più di un anno. Mentre parlava aveva la sensazione che la sua vita privata non potesse assurgere alle vette del matrimonio di Sandra; probabilmente anche Sandra pensava la stessa cosa, anche se non glielo dava a vedere. Tutt’altro, la incitava a raccontarle di questo suo rapporto mostrando grande interesse.
‘Che splendida donna che era diventata Sandra!’, pensava Bianca mentre le apriva il suo cuore liberandosi da ogni remora e tabù. Parlò molto e più passava il tempo più le sembrava che il viso di Sandra si spegnesse. Aveva l’antipatica impressione che la sua eccessiva loquacità avesse finito per annoiare l’amica e avesse steso un velo un po’ più grigio su quell’incontro.
Trascorsero così un paio d’ore, e quando ormai erano le sette del pomeriggio e i camerieri cominciavano ad apparecchiare i tavoli per l’aperitivo serale, Sandra propose di fermarsi lì per cena.
“Perché no! Volentieri!” rispose Bianca – ‘Forse non era poi così annoiata’ – pensò.
“Faccio uno squillo ad Ascanio e gli dico di raggiungerci qui, così te lo presento. Ti va di chiamare anche Fabio?”
“No, no. Stasera è andato a trovare sua madre”.
III
Allo squillo del messaggino sul cellulare, Sandra si alzò “Come al solito Ascanio non ha monete per il parcheggio. Ti dispiace darmi cinque minuti. Torno subito”.
“Certo, intanto guardo il menù.”
Mentre rispondeva, Bianca ebbe di nuovo la sensazione che la tristezza si fosse impossessata dei grandi occhi verdi di Sandra, che solo un paio d’ore prima aveva visto brillare incorniciati dai riccioli color miele.
Dopo essersi rinfrescata il viso, Bianca percorse il bancone del bar dove erano disposti crostini e stuzzichini di ogni tipo nell’intento di scegliere qualcosa di particolare come aperitivo. Si riavvicinò al tavolo e guardò nella carta i piatti che il locale offriva per cena.
La sala aveva cominciato ad assumere un aspetto più intimo, già una ventina di persone aveva preso posto in vari tavoli, erano state accese luci calde e qualche candela qua e là. La serata si presentava tranquilla e piacevole.
Fece portare al loro tavolo una bottiglia di vino rosso e se ne versò quei due o tre sorsi che completarono il rilassamento di quella serata.
Mentre la sua mente era intenta a selezionare i vari piatti, alzò distrattamente lo sguardo e li vide entrare.
Dopo un primo attimo di stupore il suo cervello immaginò che lui fosse entrato lì per caso nell’istante stesso in cui Sandra rientrava e che Ascanio stesse parcheggiando l’auto.
‘Che strane le coincidenze della vita!’ – pensò mentre un sorriso poco convinto le tirava il volto.
Si avvicinavano al tavolo, lui teneva una mano sul fianco di lei, in una sorta di abbraccio troppo intimo. La guardava e le sorrideva mentre le rivolgeva parole che Bianca non poteva sentire, ma che sembravano riguardare quei eventi quotidiani che si raccontano in un minuto appena torni a casa.
Si chiese se stesse sognando o se invece avesse qualche strana allucinazione per colpa di quei due sorsi di vino rosso a stomaco vuoto.
Quell’uomo aveva un aspetto così familiare che per un attimo vedendolo entrare aveva immaginato …. ma non era possibile, pensò la sua testa confusa.
Quando arrivarono più vicino Bianca non ebbe più possibilità di fuga da quella realtà.
Eppure il suo sguardo tornò sul menù nel tentativo di riavvolgere la pellicola di quel film per rivederlo di nuovo sperando in un finale diverso.
IV
Sandra
Ero stata felice di sentirla, tanto che le avevo chiesto di vedersi. Che piacere mi aveva fatto rivivere quel legame antico!
Quanto mi è sembrata bella quando è entrata nel bar, oggi pomeriggio! Capelli bruni ondeggianti attorno al viso candido, al sorriso radioso. Ho sentito tutto il corpo pervaso dalla tenerezza e dall’affetto per questa mia amica d’infanzia e giovinezza.
E ora eccola lì. Distesa sul pavimento, indifesa. E dentro di me il gelo, nessun moto di quelle sensazioni provate giusto un paio d’ore fa.
Il mio sguardo percorre il suo corpo inerme e continuo a non provare niente. Nessun residuo nemmeno di quello stupore e della paura che sono cresciute dentro di me in queste due ore, mentre lei parlava di sé e della sua relazione con Fabio. Più parlava e più le sue parole componevano come in un puzzle un’immagine sempre più nitida. Finché la certezza si è impossessata di me scaraventandomi sul cuore un macigno di angoscia mista a dolore.
La guardo, stesa ai miei piedi, e non riesco a fare un solo gesto per aiutarla, non riesco a batter ciglio. Sono assolutamente inerte. Mi sento fredda e insensibile. Quella donna che adoravo con tenerezza è diventata totalmente indifferente al mio cuore.
Lentamente sposto lo sguardo su mio marito. Non muove un muscolo, è pietrificato. Con quel suo ciuffo di capelli schizzati d’argento sembra una statua nella sala in subbuglio.
Lo conosco così bene che ogni minimo residuo di dubbio si dissolve definitivamente.
Tutti i presenti nel locale si sono più o meno avvicinati al nostro tavolo, per dare un possibile aiuto o anche solo per curiosità. Qualcuno solleva le gambe di Bianca, un cameriere si avvicina con un bicchiere d’acqua. Passano pochi minuti e i suoi occhi lentamente si riaprono, colmi di lacrime che cominciano a sgorgare impetuose sul suo volto cereo e immoto.
I loro sguardi si incontrano. Mi sento sprofondare l’anima.
Ascanio si riprende di scatto, gira velocemente lo sguardo a destra e a sinistra, muove convulsamente le gambe e poi decide di allontanarsi velocemente verso l’uscita. Mentre lo guardo di schiena che esce dalla porta a vetri, la delusione cala pesantemente a schiacciare tutto il mio corpo come una coperta di pietra. Non so cosa potevo aspettarmi: forse niente di diverso, forse tutt’altra cosa.
Cosa volevo che facesse in questo momento? Mah, non lo so proprio.
Mi volto e Bianca è tornata a sedersi al tavolo con l’aiuto di un paio di camerieri. Con la sua voce suadente sta rassicurando i presenti sul suo stato di salute:
“E’ stato solo un abbassamento di pressione, grazie, ora sto bene. Non ho bisogno di niente, grazie a tutti. Davvero.”
V
Tutti gli intervenuti si erano rassicurati e, uno dopo l’altro, si erano allontanati dal tavolo lasciandole di nuovo sole, una di fronte all’altra. Sandra si sedette lentamente riprendendo il suo posto del pomeriggio. Erano di nuovo faccia a faccia come prima, ma ora tutto era diverso.
Un misto di stupore, dolore, delusione e amarezza si era impossessato di entrambe. Sembrava non esserci più spazio per quella tenerezza che da tempi lontani era sopita in loro e che, riesplosa per un giorno, appariva ora come definitivamente spazzata via.
Dopo qualche minuto di silenzio, fu Sandra a parlare per prima:
“Ne ho avuto il dubbio mentre raccontavi di Fabio, piano piano l’ho capito.”
“Perché hai lasciato che continuassi e non me l’hai detto?”
“Sembrava troppo assurdo per essere vero: tu che ricompari nella mia vita il giorno del mio cinquantesimo compleanno e distruggi tutto ciò che in questi anni ho costruito.”
“Non avevo idea, non ho neanche mai lontanamente immaginato…. Come potevo?”
“Comunque ora è tutto diverso. Non mi va di vederti, di ascoltarti. Me ne vado.” E con un sorriso sarcastico aggiunse “…e fammi la cortesia di dimenticarti la data del mio compleanno!”
Sandra si alzò ed uscì dal locale lasciando Bianca al tavolo.
Appena fuori, davanti alla porta, c’era Ascanio che stava aspettando e le si avvicinò per parlarle.
Sandra non sapeva cosa Ascanio le avrebbe detto e sentì che le gambe stavano per cederle.
“Parliamone. Non voglio perderti.”
A quelle parole Sandra riprese un po’ di forza e dentro di lei si fece strada la speranza che non tutto fosse perduto. Il suo viso era rimasto contratto in una smorfia di dolore e disgusto, ma dominando l’istinto di mettersi ad urlare gli si avvicinò “Andiamo a casa”.
Mentre percorrevano i pochi metri che li separavano dall’auto parcheggiata, Bianca uscì dal locale e li vide andarsene, l’uno accanto all’altra, e quella persona meravigliosa che fino a poco prima era stato Fabio svanì definitivamente lasciando un cumulo di macerie dentro di lei.
Epilogo
Bianca era appena rientrata dalle vacanze in Sicilia, dove aveva trascorso una settimana al mare con un’amica cercando di cacciare definitivamente il pensiero di Fabio quando squillò il suo cellulare:
“Bianca? Ciao, sono Fabio…. cioè, sono Ascanio.”
“Cosa vuoi? Perché mi chiami?”
“Beh! Niente… avevo voglia di sentirti e ho pensato che oggi poteva essere l’occasione, visto che è il 18 agosto… non mi sono dimenticato del tuo compleanno.”
Bianca sentì lo stomaco che si stringeva in un crampo senza comprendere bene se fosse per il riaffiorare di quel doloroso amore o per l’amara ironia della vita.
Senza dire un’altra parola riagganciò la telefonata.