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Arancio – 3° episodio – Il compleanno di Ruben

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Quando Silvestro, con un gesto quasi impercettibile della mano e tre parole pronunciate sottovoce, fece comparire sulla grande tavolata di casa Balta, allargata per l’occasione ad amici e parenti, una fantasmagorica torta di compleanno per il piccolo Ruben, che con i suoi cinquantasei anni era il più piccolo della famiglia e si stava sciogliendo in lacrime, gli applausi e le grida di giubilo raggiunsero le stelle. La nonna Rosmilda, che per la fretta aveva agitato una volta di troppo la sua bacchetta da cucina mentre cuoceva la torta, bruciandola fino all’ultima briciola, si asciugò gli occhi nel grembiulone che non toglieva nemmeno nelle occasioni più importanti e soffocò Silvestro in un abbraccio che lo fece scomparire in mezzo ai suoi poderosi seni.

Il giovane riemerse confuso e rosso fino alla radice dei suoi capelli arancione in tempo per sentir dire dal suo maestro Baltasar: “Beh, con questo ti sei definitivamente conquistato la tua bacchetta magica! Ma.. mi spieghi da dove l’hai presa una torta a quattro piani, con tutte queste decorazioni sopra… ma aspetta! Quello sono io.. e questa grassa è Rosmilda (la moglie lo fulminò con un’occhiataccia) e questo… ma siamo tutti noi! E questo in cima è Ruben, proprio com’è vestito ora! Come astragalo hai fatto a trovare una torta così?”

Silvestro si guardò la punta dei piedi, cincischiando con le dita magre la lunga veste, e poi con un filo di voce rispose: “No.. no..non l’ho trovata. Tu mi hai insegnato a trasportare le co..cose, ma ho dato un’occhiata alle pasticcerie in giro e non c’era niente di a… a… datto. Allora l’ho fa.. fatta.” Tutti i presenti rimasero letteralmente a bocca aperta, anche quelli che stavano ancora masticando la cena.

Creare qualcosa dal nulla richiede un’abilità assai maggiore della cucina magica, che comunque usa ingredienti reali, e Silvestro era riuscito a pensarla, disegnarla con tutti i suoi particolari e cucinarla alla perfezione in un unico veloce gesto.

Baltasar restò zitto per qualche minuto, mentre tagliava, poneva sui piatti e distribuiva le fette della torta – che neanche a dirlo, dentro era buona quanto fuori era bella. Nel porgere a Silvestro la sua, mormorò a voce bassa ma in modo udibile da tutti: “Io non l’avrei saputo fare. Domani vado a parlare con Selene.”

“Selene?” “Le bacchette magiche personali che, come sai – il giovane annuì – si consegnano ai maghi quando sono ufficialmente riconosciuti, le consegna la nostra fata madrina, Selene, in una cerimonia pubblica.” “E di questa che ne faccio?” e Silvestro tirò fuori dalla tasca della sua veste una bacchetta di legno, dall’aria molto usata e piena di tacche. “Quella è una bacchetta da allenamento. La renderai al villaggio, che forse potrà usarla ancora per addestrare qualche altro apprendista. Anche se dal suo stato direi che forse è meglio piantarla.” “Cioè?” “Quando finiscono la loro vita le bacchette si piantano in terra, nel parco dell’impermanenza, e diventano l’albero da cui sono state fatte. La tua mi sembra di nespolo, vero?” “Sì.. mi dispiace un po’ la..la..lasciarla. Ecco” concluse Silvestro porgendogliela.

Ma Baltasar non prese la bacchetta, spiegandogli che doveva tenerla finché non la sostituiva con la nuova, d’argento. E meno male, perché…

La mattina dopo Silvestro si svegliò agitatissimo, e si mise subito di guardia alla porta aspettando il ritorno del vecchio mago che era andato da Selene. Ma quando Baltasar entrò in casa, con la faccia scura e la barba tutta arruffata, capì che qualcosa era andato storto.

“Non si trova! Selene è scomparsa!” annunciò il vecchio cupo. “Ma.. ma – provò ad obiettare il giovane mago – nessuno sa dove abita, no? Per farla venire si chiama, no? Con quelle parole magiche..” e stava per dirle ma l’altro lo bloccò “ Che fai? Non è permesso pronunciarle fuori dalla sala del Consiglio, dovresti saperlo!”

Non gli lasciò nemmeno il tempo di scusarsi e spiegò che a quanto pare da diverse settimane Selene non era più in contatto con loro, ma non era stato dato l’allarme perché ‘quei vecchi rimbambiti’, cioè i suoi colleghi del Consiglio, avevano pensato di aspettare ancora un po’. “Aspettare, capisci! Vecchi caproni incartapecoriti! Li ho convinti a cominciare subito le ricerche, ma intanto..”

Silvestro lo ascoltava con una faccia lunga lunga, avvolto nella sua delusione e quasi non sentì quando Baltasar aggiunse: “Dovrai andare nella foresta dei Mille incanti, è il posto più probabile dove trovarla”.

E allo sguardo perplesso del suo allievo rispose: “Sarà una prova difficile, Silvestro, ma lì entrano solo i Maghi con meno di cinquecento anni. E qui al villaggio ci sei solo tu, le nascite sono diminuite tanto ultimamente…“

“I..i…i..io? – balbettò – ma…ma..non ci sono mai stato” “Appunto, replicò Baltasar allontanandosi -meno sai, meglio è. Ti spiegherò qualcosa oggi, intanto preparati lo zaino e non dimenticare la bacchetta.” E poi aggiunse, voltandosi: “Tu ce l’avevi una ragazza lì da dove vieni?” e lo lasciò senza attendere risposta.

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